di Nicola Giuntini
In Toscana, tranne sulla costa nord, il pane comune è rigorosamente senza sale: ma perché è così? Che storia c’è dietro?
Intorno all’anno 1000, in Toscana si cominciarono a sviluppare i primi liberi comuni, sembra che la Repubblica Marinara di Pisa, forse per contrastarne la crescita ma forse, più prosaicamente, solo per lucrare sulla crescente floridità delle città delle vallate interne della Toscana, abbia introdotto una tassa sul sale.
La Repubblica Marinara infatti, aveva il controllo delle saline lungo la costa e anche delle cave di salgemma nei pressi di Volterra. Quindi i Pisani potevano esercitare un vero e proprio monopolio nella produzione e vendita di sale.
Il sale è indispensabile in moltissime produzioni alimentari, ad esempio, a quell’epoca, non si poteva farne a meno nella conservazione della carne.
Nel pane veniva e viene aggiunto in ogni parte del mondo perché è un facilitatore della produzione. Difatti il sale, oltre al sapore, stabilizza la lievitazione e rallenta il processo di raffermamento del pane.
Ma allora perché nella Toscana centrale si cessò di utilizzare il sale nella produzione del pane?
Rivalità, contrasti: le storie raccontate sono tante. Probabilmente però il motivo fu meramente economico: il pane è sempre stato un prodotto povero e usare un ingrediente eccessivamente costoso, ne avrebbe aumentato troppo il prezzo. Insomma a un certo punto di questa storia fornai e famiglie smisero di utilizzare il sale nel pane, adattandosi in qualche modo al nuovo gusto e alle difficoltà produttive.
Questa modalità produttiva prese rapidamente campo e poco più di un secolo dopo, Dante, al canto 17 del Paradiso racconta l’incontro con il suo antenato Cacciaguida che gli preannuncia l’esilio dicendo: “Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale” sancendo di fatto come tradizione identitaria acquisita, questo nuovo uso produttivo.
Insomma era nato il pane Toscano senza sale!