La Form-azione

La Form-azione

Si fa un gran parlare sulla formazione, tutti concordiamo sul fatto che una maggiore maturazione professionale aiuterebbe, soprattutto oggi, a mantenere in piedi le nostre imprese. Spesso però si dimentica di affrontare il tema a tutto tondo per favorire la scelta di formarsi cercando di capire e superare le criticità che la formazione può generare.

Per introdurre l’argomento, ad esempio, un motivo di fallimento è che spesso si fa la formazione che capita. Raramente se ne sceglie il tema a ragion veduta. Ancor più raramente si fa un serio rilevamento del fabbisogno formativo, interrogandosi su cosa sarebbe più utile e necessario fare in funzione dell’obiettivo che si pone.

Ci sarebbe poi da chiedersi perché in generale le azioni formative sono così poco gettonate, perché è così difficile portare le persone in aula, come mai è così arduo far percepire la necessità della formazione e per quali motivi, molte volte, le azioni formative non raggiungono l’obiettivo.

Per comprendere la complessità del tema, aiuta provare a partire dal significato della parola “formazione” che ha in sé molti concetti come il senso del creare, del determinare qualcosa: la formazione di una nebulosa. Oppure la si può intendere come disposizione e/o composizione di un gruppo secondo una determinata forma o criterio: la formazione della squadra. Si può anche intendere come crescita intellettuale e spirituale: la filosofia è stata fondamentale nella sua formazione.

Si potrebbe continuare a lungo, appare però evidente che il lemma “formazione” tocca e definisce molti ambiti: a noi interessa analizzare la formazione professionale, ovvero quella preparazione volta ad avviare o implementare una professione specifica ma anche il dare forma a un pane o a una squadra di lavoro.

La formazione professionale si realizza come dice la parola stessa facendo una azione su di sé che dà struttura, che realizza un profilo diverso dall’iniziale. In altre parole per fare formazione è necessario lasciarsi mettere in discussione da una azione formativa esterna: ecco una prima grande difficoltà ad accogliere la formazione.

Abbiamo identificato un primo punto dolente, il prerequisito perché la formazione funzioni è essere disposti ad apprendere cose nuove lasciando che queste modifichino il comportamento, il pensare, il lavorare.

Questo è difficile, talvolta doloroso, per superare la difficoltà e la ritrosia è necessario scegliere di voler fare formazione e decidere che obiettivo si vuol raggiungere: prendere quello che capita senza scegliere ponderatamente di solito non funziona o lascia pochi risultati. Il non scegliere e il non avere un obiettivo candida alla delusione e all’insuccesso.

Un altro grande punto dolente è il tempo. Di solito a questo proposito si racconta la storiella del taglialegna che non riusciva a raggiungere i suoi obiettivi di lavoro, col passare del tempo, per quanto impegnasse sempre più ore nel segare alberi, vedeva diminuire i tronchi abbattuti anziché aumentare.

Dal bosco ogni giorno passava un uomo, che vedendo il taglialegna faticare, spesso si fermava a scambiare qualche parola. L’uomo diceva al taglialegna: fermati un momento, forse ti posso aiutare. L’altro rispondeva: non lo vedi che non ho tempo, se mi fermo non raggiungerò mai il mio obiettivo.

Finalmente, un giorno il taglialegna sfinito e scoraggiato si decise a sedersi un momento a parlare con l’uomo del suo lavoro. Dopo una breve ispezione, l’uomo gli disse: ho controllato le tue asce e le tue seghe: credo che vadano affilate, vedrai che così raggiungerai con più facilità i tuoi obiettivi.

Fare formazione è come perdere tempo per affilare l’ascia: di solito si trova tempo per tutto fuorché per sedersi ad ascoltare ciò dell’esterno ci può essere suggerito.

Questo è il secondo problema della formazione: bisogna smettere di tenere la testa dentro il sacco della farina per provare a pensare a cosa c’è fuori dal sacco, in particolare bisogna pensare al formarsi come una parte integrante del lavoro.

Infine la terza nota dolente è l’ambito formativo, spesso non si riesce a dare una risposta al quesito su quale tipo di formazione impegnarsi. Nello specifico, come panificatori, chiaramente non possiamo permetterci di non conoscere grani, farine, lievitazioni, impasti, ricette, forni, tecniche di lavorazione ecc. È evidente che la prima formazione parte dal conoscere ogni aspetto della propria professione.

Non bisognerebbe però dimenticare che per stabilire i prezzi di rivendita è necessario saper fare i conti e saperli fare molto bene perché ciò che determina un prezzo congruo non è solo il costo ricetta. Oppure oggi è indispensabile non fare un po’ di marketing: chi se ne occupa? Chi sa aprire un negozio on-line?

Insomma la formazione professionale è molto sfaccettata e non verte solo su grani e farine. Certo in molti casi ci si può affidare a consulenti esterni, ma avere un’idea di come le cose funzionino non è mai un male.

Però la formazione non si esaurisce con le parti che riguardano la panificazione o la gestione aziendale, per essere un vero professionista è necessario sviluppare non solo le conoscenze e le competenze specifiche ma anche quelle trasversali. Le prime fanno parte del nostro saper fare, ma questo, oggi più che mai, non basta: è necessario anche investire sul nostro saper essere.

Questo perché lavorare in un panificio non è solo impastare, formare e sfornare è anche saper vendere, sapersi rapportare in modo positivo con clienti e fornitori, saper creare una squadra affiatata, una formazione appunto, saperne essere il leader, saper gestire il clima aziendale, saper comunicare i propri valori, e come non si nasce mastri fornai, nemmeno si nasce mastri leader, mastri venditori, mastri progettatori del futuro. Si può solo, con il tempo e la formazione, imparare a farlo.

La formazione in senso lato è ben più complessa di quello che comunemente si crede: avere più chiarezza su questo argomento dovrebbe aiutare a percepire l’importanza del tema e la quantità di fatica e lavoro su di se che fare formazione richieda. Questo non per scoraggiarsi, ma per avere un quadro d’insieme e un obiettivo.

La formazione non finisce mai perché c’è sempre qualcosa da capire meglio, da aggiustare, da imparare: si può decidere di fare come il taglialegna candidandosi allo sfinimento e al probabile fallimento, oppure si può decidere di vivere la fatica della “form-azione” perché si ha la consapevolezza che questo è il solo modo per far andare avanti le attività e soprattutto è il solo modo per essere soddisfatti in pieno di sé stessi e del lavoro fatto.

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