Il mondo dei lieviti è molto complesso e ben poco conosciuto, per questo si presta al far fiorire tante leggende metropolitane, idee preconcette, falsi miti, per questo vorrei provare a mettere in comune, quello che ho capito e imparato, in questi tanti anni di lavoro.
Partiamo dalla parola lievito che deriva dal latino levitum ovvero alzare, in particolare dal suo participio passato levatum, ovvero alzato. In altre parole il lievito è ciò che ha “alzato” un prodotto, alzato nel senso di fatto crescere verso l’alto.
Scientificamente, una azione lievitante determina molti cambiamenti all’interno di un prodotto, il più evidente è proprio l’aumento di volume, da qui il nome della procedura e dell’attore principale.
In un prodotto, si può ottenere un aumento di volume (lievitazione) in tre modi diversi: con una azione meccanica, con una reazione chimica e con una metabolizzazione (fermentazione) biologica.
La lievitazione fisica si ha quando un’azione meccanica esercitata su un composto solido o liquido, determina un rigonfiamento del prodotto stesso. L’esempio più conosciuto è il pandispagna dove si sbatte con una frusta uovo e zucchero. Questa azione meccanica determina un rigonfiamento dovuto all’assorbimento di bollicine d’aria trattenute all’interno del composto. Pasta sfoglia e maionese sono altri esempi diversi, per tipologia, dall’assorbimento di bollicine d’aria, dove c’è comunque un aumento di volume dovuto all’azione meccanica.
La lievitazione chimica si ha quando si aggiunge ad un composto, un lievito chimico. Il lievito chimico è un agente lievitante secco formato dall’unione di una sostanza alcalina come il bicarbonato di sodio e un sale acido come il cremor tartaro.
Il lievito chimico funziona grazie a una reazione acido-base che rilascia bolle di anidride carbonica nell'impasto che con il procedere della reazione e con il calore, si gonfiano facendo aumentare di volume il prodotto.
È utilizzato al posto dei lieviti biologici in quei prodotti dove una fermentazione biologica, non funzionerebbe per eccesso di zuccheri, di grassi, oppure perché la fermentazione potrebbe dar luogo ad effetti sgradevoli di sapore, o infine quando il prodotto che si vuol ottenere, per la mancanza di una struttura capace di trattenere a lungo le bollicine di anidride carbonica (maglia glutinica insufficiente), collasserebbe rapidamente.
La reazione acido-base è quasi istantanea, per attivarsi necessita, oltre al lievito, di umidità (impasto) e calore (forno). La produzione di anidride carbonica è molto più rapida di quella che avviene per fermentazione biologica, per questo non necessita di tempi di lievitazione, anzi, terminata la fase di lavorazione iniziale, è buona regola passare immediatamente alla cottura.
Per avere un’idea di come funziona, si può fare facilmente un esperimento (anche a casa): in un bicchiere d’acqua si aggiunge un cucchiaino di bicarbonato di sodio (alcalino) e il succo di mezzo limone (acido). Poi si mescola e si vedrà una lenta formazione di bollicine. Per velocizzare la reazione basta scaldare l’acqua in un microonde e il bicchiere diventerà letteralmente effervescente.
La lievitazione biologica è una fermentazione determinata dal metabolismo di lieviti o batteri lattici vivi.
In natura esisto circa 7000 diversi microrganismi che, con il loro metabolismo, possono produrre un’azione lievitante. Si dividono in due grandi famiglie, i saccaromiceti ovvero con una definizione facilmente comprensibile, funghi che mangiano zucchero e i lattobacilli, ovvero i batteri del latte. I primi sono più rapidi e più resistenti dei secondi, per questo, anche se di solito in natura si trovano in coabitazione entrambe le famiglie, i saccaromiceti tendono a prevalere sui lattobacilli.