Dietro ai modi di dire, quasi sempre si nasconde una storia del passato. Da noi sono tante le espressioni tipiche che vengono usate in vari modi e in varie situazioni. Una delle più divertenti è certamente "Avere il braccino corto". Quante volte abbiamo utilizzato quest'espressione per indicare una persona non proprio generosa. Questa immagine, in prima battuta, potrebbe far pensare al fatto di avere il braccio, o meglio, il braccino così tanto corto da non arrivare al portafoglio, ma in realtà l’origine del modo di dire è diversa.
L'espressione trae origine dal mercato delle stoffe, queste infatti venivano vendute "a braccia", dove, in mancanza di un riferimento di misura preciso, il braccio era quello del venditore.
Si dice che spesso i venditori utilizzassero le braccia dei giovani garzoni per effettuare la misura, in quanto il loro braccio era più corto, così da far guadagnare di più al commerciante. Da qui il modo di dire.
Per questo motivo, spesso, nascevano delle dispute tra venditore e acquirente, tanto che in Toscana, come in altre parti d’Italia, fu stabilita una misura universale, ovvero il "braccio fiorentino", che aveva una lunghezza di 58,32 centimetri.
Ancora oggi, sui muri nei pressi dei mercati si possono trovare delle aste metalliche atte alla verifica della misura utilizzata per la vendita. Ad esempio, a Pistoia, sotto il portico del palazzo di Giano, si può trovare ancora l’asta che riporta la lunghezza precisa del doppio braccio fiorentino.
Ormai da oltre due secoli, relativamente ai sistemi di misura di lunghezza, peso e volume, siamo abituati al sistema metrico decimale che ha standardizzato e semplificato notevolmente i precedenti metodi, introducendo una progressione decimale delle unità di misura, al posto di altre progressioni macchinose da capire e da ricordare.
Ad esempio, come unità di peso, la libbra di Firenze equivaleva agli odierni 339,5 grammi, e fin qui eravamo ancora nel semplice.
Il complicato iniziava con le misure inferiori e superiori, infatti la libbra si divideva in 12 once, l'oncia in 8 dramme, la dramma in 3 denari, il denaro in 24 grani, il grano in 48 quarantottesimi. Questo solo per le unità di misura più piccole.
Per le misure più grandi, 100 libbre facevano un quintale, 150 libbre un cantaro comune, 160 libbre un cantaro per lana e salumi. Infine 1000 libbre facevano un migliaio e 2000 libbre una tonnellata: da perdercisi solo a raccontarlo.
Tutta questa premessa per raccontare una storiella che riguarda il pane. Nel Pistoiese, quando si va in panetteria a comprare del pane si dice: “vorrei una coppia oppure una coppietta di pane”. Se si facesse questa richiesta in altre parti della Toscana, probabilmente ci verrebbero dati due pani della stessa misura. Da noi invece si riceverebbe un filone di pane grande per coppia, o piccolo per coppietta.
Ma perché si dice così? In realtà non c’è una risposta certa, si può però fare un’ipotesi. Alla lettera coppia significa “due cose della medesima specie, unite o considerate insieme”. C’è poi la parola coppiola che indica un doppio colpo simultaneo o quasi, di fucile, di cannone o anche di animale, colpo effettuato con le zampe posteriori.
Nel modo di dire pistoiese ricevere o dare una coppiola vuol dire ricevere o dare un colpo, una bastonata, uno scappellotto, rilevante per quantità e intensità.
Quindi probabilmente, il nome coppia si potrebbe riferire ad una certa quantità specifica, come il doppio braccio, nel nostro caso a una doppia libbra, ovvero a una coppia di libbre di pane.