Tu chiamale, se vuoi...emozioni!

Tu chiamale, se vuoi...emozioni!

Di Nicola Giuntini

Ormai sono 46 anni che metto le mani in pasta sia in panificazione che in pasticceria, diciamo che oggi sono un apprendista con molti anni di esperienza.

In realtà il mio mettere le mani in pasta ha molti più anni perché da bambino il mio giocattolo preferito era il panificio, per le vacanze o la sera del sabato (la domenica non si andava a scuola), andavo ad "aiutare" i fornai, forse sarebbe più corretto dire che andavo a rompere le scatole ai fornai ma tant'è, e quando mi si chiudevano gli occhi, andavo a dormire sui sacchi della farina.

Poi, più grandicello, andavo ad aiutare, questa volta davvero, ad esempio ho imparato a fare la crema a 9 anni, tutte le sere la preparavo per la mattina successiva: i miei mi lasciavano gli ingredienti preparati e io facevo trovare la crema cotta, versata in due contenitori d'acciaio, in uno dei due contenitori facevo la crema al cioccolato aggiungendo il "carrarmato" spezzettato di cioccolato fondente.

A inizio gennaio, quando si facevano i befanotti, il mio lavoro era pulire le teglie. All'epoca non c'era la carta da forno e tra una cottura e l'altra, le teglie andavano pulite e oleate. Penso di esser diventato il più bravo pulitore di teglie dell'orbe terracqueo!

Questi sono solo due episodi tra tantissimi. Se ci ripenso, se Ii rivivo pensandoli, mi rendo conto che non mi è mai pesato aiutare i miei genitori, anzi, era un piacere, e questo veniva proprio dal mettere le mani in pasta anche solo tirando a pulito centinaia di teglie.

Realizzare un impasto partendo da ingredienti completamente diversi, toccare la pasta, sentirla scorrere e girare tra le mani per dare una forma a ciò che è informe, vederlo gonfiare, cambiare di colore per la lievitazione, metterlo in forno, e poi, di tanto in tanto, aprire lo sportello del forno per ammirare l'ultima trasformazione: queste sono le cose che mi davano piacere, anche da piccolo. Queste sono le emozioni che a 65 anni suonati ancora ritrovo.

Se c'è una cosa che ha definito la mia vita è proprio il fare con le mie mani, il sentire la soddisfazione che viene appunto dal vedere il lavoro delle mie mani. Questa definizione non viene solo dal vedere, viene anche dal toccare, dal sentire odori e suoni, dal gustare.

Qualche tempo fa, durante un corso di pasticceria, stavamo facendo la Mantovana di Prato con la ricetta che faceva mio padre. Erano tanti anni che non la facevo, prima del corso avevo fatto qualche prova, non molto soddisfacente in realtà. Ecco mentre la facevamo, ho rivisto la forma, la consistenza, ho rivisto le mani di babbo Franco, che facevano quel dolce e questo mi ha emozionato fino alle lacrime.

È stato come se in quel fare con le mani, in quel toccare, in quel sentire profumi e suoni ci fossi io, ma sentivo che c'erano anche i miei affetti, la mia storia, la storia della mia famiglia: ecco quel giorno ho trovato questo aspetto del piacere di mettere le mani in pasta.

Nel salmo 89/90 alla fine si legge: "rendi salda per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rendi salda." Senza entrare in temi spirituali questo passo mi fa pensare che il bisogno di sentire, di contare sull'opera delle mani, va oltre la realtà oggettiva toccando aspetti che sorpassano ii limite dell'esperienza tangibile.

Non mi piace usare l'inglese in ciò che scrivo, ma per definire meglio ciò che penso oggi farò un'eccezione: molte persone trovano giovamento nella PET Therapy, ecco io lo trovo nella Baker Therapy.

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