Durante e dopo la pandemia di COVID sempre più spesso si è parlato di vaccini e vaccinazioni nella speranza di eradicare prima possibile e definitivamente, questa come molte altre possibilità di malattia. Questo, se possibile, ha generato ulteriore dibattito tra favorevoli e contrari alle vaccinazioni.
Senza la pretesa di definire un tema così ampio e divisivo, proviamo quantomeno a stabilire qualche punto fermo.
Lo possiamo fare cominciando dalla parola stessa: il termine "vaccino" deriva dal latino "vacca", termine che identifica un esemplare femminile di specie bovina, e dal relativo aggettivo "vaccinus" ovvero attinente la vacca.
Quindi il termine non ha un’origine altisonante, è molto semplice in realtà. Venne coniato dal medico britannico Edward Jenner che lo utilizzò per indicare una sostanza prelevata dalle vacche.
Da vaccino deriva anche il termine vaccinazione che originariamente descriveva il processo di inoculazione di materiale vaccino in soggetti umani al fine di prevenirne il vaiolo.
Il metodo di funzionamento dei vaccini si basa su una semplice osservazione fatta già in epoca Classica, infatti già allora era parso evidente che chi era già stato colpito dal morbo della peste (ad esempio) e ne era guarito, aveva meno probabilità di venire infettato una seconda volta dal medesimo patogeno.
Rispetto a questa osservazione di carattere generale, il primo vero grande passo avanti fu fatto solo 2000 anni dopo, nel 1796, quando Edward Jenner osservò che le donne che mungendo le vacche, contraevano il vaiolo bovino (una forma molto più lieve del vaiolo umano), e che successivamente ne guarivano, non contraevano mai il vaiolo umano. Egli provò quindi ad iniettare del materiale preso da una pustola di vaiolo bovino in un bambino di 8 anni e la malattia non si sviluppò.
Nonostante questo primo grande successo, solo 100 anni più tardi Louis Pasteur con le sue ricerche sulla Rabbia, stabilì le prime basi scientifiche della vaccinazione, dimostrando che per generare un'immunità verso un patogeno si potevano usare preparazioni microbiche alterate del patogeno stesso.
Dopo Pasteur forse gli scienziati più noti nell’ambito delle vaccinazioni sono stati Sabin e Salk per i loro vaccini contro la poliomielite ma moltissimi scienziati hanno lavorato e dedicato la loro vita alla ricerca sui vaccini.
Questa in breve è la storia delle vaccinazioni ma in effetti come funzionano i vaccini?
Rimanendo su un livello descrittivo si può dire che alcuni usano organismi attenuati, altri organismi disattivati o uccisi, altri ancora antigeni purificati. Complessivamente ci proteggono da poliomielite, febbre gialla, morbillo, parotite, rosolia, varicella, vaiolo, rabbia, influenze, pertosse, colera, epatite A, febbre tifoide, peste, tetano difterite e epatite B.
Questo evidenzia quanto è ampio l’ombrello e quanta protezione ci è derivata negli anni dal vaccinarsi. Oggi i vaccini moderni sono veramente molto evoluti, usano il DNA o RNA, oppure carriers (trasportatori) proteici. Probabilmente in futuro l’evoluzione di questa branca della medicina sarà sbalorditiva e ci porterà ad affrontare anche le patologie oncologiche.
Cosa possiamo desumere da quanto illustrato? Una evidenza è che osservando il meccanismo di funzionamento si può affermare che un vaccino non è un medicinale vero e proprio, ma mezzo per stimolare una risposta immunitaria naturale un po' come succede in omeopatia con lo stimolare una risposta protettiva attraverso ciò che provoca il problema.
Ma che c’entra tutto questo con il pane e la panificazione? Beh, intanto si sa che Pasteur iniziò le sue ricerche dal lievito di birra ed usò le conoscenze acquisite sul campo delle fermentazioni per gli studi che lo portarono a definire le basi scientifiche della vaccinazione, ma questo è solo molto romantico.
Ci sono invece delle vere simmetrie tra pane e vaccini, ad esempio ambedue sono prodotti molto semplici (in origine), diciamo che la stalla è un luogo comune per entrambi (vedi il legame tra sterco di cavallo e lievito naturale).
Inoltre in passato si usava dare pane come cura a uomini e animali malati, (vedi la storia di alcuni prodotti di panificazione come il pane di Sant’Antonio Abate o i Grissini), quindi entrambi hanno o hanno avuto un valore terapico.
Forse la simmetria più rilevante è sul fatto che ambedue sono soggetti a demonizzazioni modaiole, infatti oggigiorno fioccano avversioni vere o presunte al glutine, al lievito, al pane. La farina bianca per alcuni è diventata il più grande veleno della storia e ogni giorno ce n’è una nuova.
Nel frattempo si va avanti a prodotti inventati e assemblati chi sa dove, chi sa come. Viene da chiedersi poi che fine faccia la sensazione di mordere un pezzo di polistirolo di fronte al piacere che dovrebbe star dentro a ogni boccone.
La verità è che il pane, se ben fatto, se assunto nelle giuste quantità, magari privilegiando sapienti lavorazioni artigianali e farine meno deprivate delle parti cruscali, è salute a dispetto di moda, diete e condizionamenti di tendenza esattamente come i vaccini.