È settembre e l’uva nelle vigne, comincia ad essere matura. in questo periodo dell’anno, si comincia a trovare in panetterie, pasticcerie e botteghe, la schiacciata con l’uva.
La schiacciata con l’uva è un prodotto della nostra tradizione, oggigiorno viene fatto con pasta brioches dolce, uva rossa moscato appena colta e semi di anice. Ce ne sono almeno due versioni, una scoperta e una coperta.
Per la versione scoperta si stende su una pala di legno, la pasta allo spessore voluto, ci si mette sopra l’uva e i semi di anice (l’anice non sempre viene utilizzato), si fa lievitare e si cuoce come fosse una focaccia farcita. A cottura ultimata si spolvera con abbondante zucchero a velo.
Per la versione coperta si fa esattamente come sopra ma la pasta si stende in una teglia e il tutto si copre con un altro velo di pasta in modo che l’uva resti racchiusa tra due strati di pasta.
Il prodotto è buono in entrambi i modi, da Quarratino, mi piace più la versione coperta perché e tipica del mio territorio, ma questo non vuol dire che l’altra versione sia peggiore.
Ho fatto questa piccola spiegazione non per esaurire il tema ma solo per introdurre alcuni miei ricordi.
A Quarrata la gente dice: “mi dai un pezzo di panconluva?” ovvero non viene richiesta la focaccia con l’uva ma il pane con l’uva. Ma perché si dice così?
Ricordo che quando ero bambino la gente, che fossero contadini o no lo facevano tutti, portava al panificio delle teglie da lasagne piene di uva moscato, rossa ma anche bianca, bella, spippolata e lavata. Mio padre stendeva col matterello la pasta del pane comune senza sale come si usa da noi, e preparava una sorta di lasagna dove ogni strato era fatto di pasta di pane, uva, zucchero e semi di anice. Poi lo faceva lievitare e lo cuoceva per circa un’ora.
Veniva fuori un pane vero e proprio con un piacevole colore ambrato. Al taglio presentava una bella farcitura con più strati d’uva. In particolare ricordo che la mollica del pane assorbiva lo sciroppo di succo d’uva che si formava durante la lunga cottura e questo rendeva il panconluva particolarmente gustoso.
Veniva mangiato tiepido o freddo in casa ma anche nei campi come pranzo al sacco e noi bambini ci si faceva la merenda.
Poi, con il boom economico, con l’arrivo di yogurt e merendine, questa tradizione s’è trasformata in altro lasciando di sé solo un nostalgico ricordo di teglie da lasagne piene d’uva.
Ciò che ancora oggi si fa, è appunto la schiacciata con l’uva che, coperta o scoperta, ha un solo strato, e la pasta utilizzata non è più quella del pane ma quella delle brioches.
Però, a pensarci bene, qualcosa di più di questa tradizione è rimasto, è rimasto nel nome del prodotto. E allora, ancora una volta vorrei dire: “mi dai un pezzo di panconluva?!”