di Nicola Giuntini
Schiacciata di Pasqua: il nome potrebbe far pensare a un prodotto con forma bassa e allungata, come la classica schiacciata salata toscana. In realtà questo dolce tipico pasquale ha la forma di un panettone, forma che probabilmente ha dato origine all’altro nome con cui si chiama questo dolce, ovvero Sportina.
Questo dolce nasce probabilmente all’inizio dell’ottocento nell’area livornese e pisana, e diviene in poco tempo un dolce tipico di tutta la costa Toscana, da mangiare a Pasqua come la colomba in altre parti d’Italia.
Nella tradizione contadina, questo dolce veniva preparato qualche giorno prima di Pasqua, così da poterlo utilizzare anche come dono per amici, familiari, o per i notabili locali, durante il giorno di festa.
Ma perché si chiama schiacciata visto che questo dolce è tutto fuorché schiacciato? Probabilmente si chiama così perché nella ricetta vengono utilizzate molte uova, uova che nel periodo primaverile le galline producono in abbondanza.
Direte, ma questo che c’entra con il nome? In realtà c’entra, infatti questo dolce si chiama schiacciata perché per realizzarlo devono essere sgusciate molte uova, ma in vernacolo toscano sgusciare-rompere si dice anche schiacciare o meglio stiacciare. Da qui il nome Schiacciata o Stiacciata di Pasqua.
La preparazione di questo dolce era ed è molto laboriosa. Si partiva da una pasta lievito naturale estratto dal processo di produzione del pane e su questa base lievitante si facevano tre impasti in successione: il primo per dar forza al lievito, i successivi per aumentare la quantità di prodotto aggiungendo gli ingredienti caratterizzanti con la tecnica della divisione in parti uguali in modo da far si che complessivamente, gli ingredienti caratterizzanti, fossero maggiori rispetto a quanto se ne sarebbe potuti aggiungere, se questa operazione fosse stata fatta esclusivamente nell’impasto finale.
La lavorazione è ed era molto lunga visto che la lievitazione naturale ha i suoi tempi e varia in base a diversi fattori ambientali, quali temperatura e umidità dell’aria.
Circa la sacralità insita nel prodotto, oltre all’uso Pasquale e alla consuetudine di farne dono a parenti ed amici, sempre per il giorno di Pasqua, va ricordato che nella tradizione popolare si dava molto valore alla buona riuscita della lievitazione dell’impasto, interpretandone un buon esito, come una espressa volontà divina.
Anche Pellegrino Artusi ne riporta la ricetta nella sua famosa opera “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”. Artusi la chiama “Stiacciata alla Livornese”, e poi le descrive così: “Le stiacciate alla livornese usansi per Pasqua d’uovo forse perché il tepore della stagione viene in aiuto a farle lievitare bene e le uova in quel tempo abbondano. Richiedono una lavorazione lunga, forse di 4 giorni, perché vanno rimaneggiate parecchie volte”.
La Schiacciata oltre ad essere molto buona, ha la caratteristica di contenere pochi grassi e poche calorie, ha un sapore dolce e pastoso, ma non troppo marcato. Questo, ad esempio, fa sì che la Schiacciata possa esser mangiata in abbinamento con cioccolata a merenda, oppure a colazione accompagnata con il latte. Se si mangia come dessert il consiglio è accompagnarla con un bicchiere di Vin Santo Toscano.